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La storia dell'as roma capitolo 6 - Anni '80

La presidenza Viola "apre" con l'arrivo di Liedholm sulla panchina giallorossa. Lo svedese è un bravo allenatore: ha appena vinto lo scudetto con il Milan, tentando la via della zona, parzialmente abbandonata perché, come dirà anni dopo, lo stopper Aldo Bet non riesce a concepire l'idea di non avere un avversario fisso da marcare. A zona giocava anche il bel Napoli di Vinicio, quello del secondo posto del 1975: ma il fatto che l'as roma "giocherà col modulo della difesa a zona", scrive un noto giornalista romano, costituirà una vera "rivoluzione tattica... nel panorama troppo statico del calcio italiano". Sono i primi, ma robusti, vagiti della propaganda che da ora in poi, sparito il grigio e anonimo Anzalone, accompagnerà ogni vicenda giallorossa. Il campionato 1979/80 non vede l'as roma brillare particolarmente: il gioco a zona, come è prevedibile, mostra qualche inconveniente, e a volte l'errata applicazione del fuorigioco porta a subire reti grottesche. La critica si divide tra i paladini del gioco "nuovo" (in realtà la zona esiste dagli anni '20, come fa notare qualcuno, ma siccome la adotta l'as roma deve per forza averla inventata lei) e qualche critico impertinente. Il dibattito ferve, ed è qui che Liedholm pronuncia una frase non celebre perché poco amata dai protocateteristi: "se non avessi dichiarato pubblicamente che l'as roma gioca a zona, nessuno se ne sarebbe mai accorto". Alla fine i giallorossi saranno settimi, ma aprono un periodo positivo con la conquista della Coppa Italia. Ci sarebbe lo scandalo scommesse, ma l'as roma non è coinvolta: qualcuno prova a tirare in ballo Dino Viola, nel processo sportivo, ma alla cosa non viene dato alcun seguito. Per la verità, qualche dubbio sulla correttezza dei suoi calciatori deve averlo lo stesso Viola, se è vero che telefona un giorno a Carlo Petrini per chiedergli se sa qualcosa di un as roma-Bologna di Coppa Italia: ma Petrini cade dalle nuvole. Nonostante nel calcio scommesse siano coinvolti diversi ex calciatori giallorossi e Roma sia il cuore di tutta la vicenda, la società giallorossa non viene nemmeno sfiorata dallo scandalo.

La stagione 1980/81 è quella dell'arrivo di Falcao e di una as roma che lotta per vincere il titolo. A lungo in testa, i giallorossi vengono bruciati dal gran ritorno della Juventus e dall'imprevisto crollo finale del Napoli che, in testa a cinque turni dalla fine assieme ad as roma e Juve, perde in casa nel turno successivo con il già retrocesso Perugia.

Diventa così decisivo lo Juventus-as roma in programma a due turni dalla fine. La partita è cattiva, durissima. La Juventus perde Furino per espulsione. A pochi minuti dalla fine, Turone realizza un gol che l'arbitro Bergamo annulla per fuorigioco, su segnalazione del guardalinee Perissinotto (guarda il video).

L'episodio sarà strumentalizzato in maniera ossessiva fino a diventare un autentico simbolo della malafede del "Palazzo" nei confronti dell'as roma, ma soprattutto diventa il simbolo del rapporto abnorme, morboso e insensato, fino a diventare distruttivo, che il mondo romanista nutre nei confronti delle vicende che lo riguardano. Avrà a dolersene lo stesso Turone, che dirà molti anni dopo: "Ho avuto una buona carriera, ho giocato dieci anni in serie A, ma vengo ricordato solo per quel gol.

A nessuno, d'altra parte, interesserà mai approfondire le parole del presidente juventino Boniperti secondo il quale "c'era un fuorigioco anche sul primo lancio di Conti (nella parte iniziale dell'azione)".

La stagione vede arrivare ancora la Coppa Italia mentre in Coppa delle Coppe, dopo un trionfale 3-0 casalingo contro il Carl Zeiss Jena nel primo turno, l'as roma viene eliminata dagli stessi tedeschi che al ritorno vincono per 4-0.

Per gli increduli romanisti c'è una sola spiegazione: "quelli" erano dopati, guai a prendersela con la tronfia presunzione con cui hanno affrontato l'impegno.
Il campionato successivo vede l'as roma subito tagliata fuori dal vertice, le ambizioni sono rimandate all'anno successivo. Durante l'estate, l'Italia vince il Mondiale di Spagna: i Cantori avevano previsto il trionfo del Brasile zonarolo guidato dal Divino Falcao e il disastro dell'Italia catenacciara di Bearzot, incapace di assecondare gli estri dell'unico Fenomeno a sua disposizione - Bruno Conti, naturalmente - e soprattutto macchiatosi del terribile delitto di aver lasciato a casa il bicapocannoniere Pruzzo. Quando gli azzurri battono i brasiliani, un paio di Cantori di un noto quotidiano romano e un semisconosciuto giornalista di Paese Sera che ha le iniziali come quelle di una famosa marca di automobili (R R), hanno uno sbocco di bile: si consoleranno attribuendosi il merito di aver "costretto" Bearzot ad adottare una "zona mista a centrocampo", che non si sa bene cos'è ma tanto basta.
Il campionato 82/83 vede la Juventus favorita ancora una volta: ci giocano sette campioni del mondo più i neo acquisti Platini e Boniek, protagonisti assoluti del torneo. Per la verità, il polacco era in trattativa anche con l'as roma, e come al solito la manìa di vendere la pelle dell'orso in anticipo convince un mensile a pubblicare la foto di Boniek in maglia giallorossa, per un numero da collezione. I campioni del mondo, però, sembrano aver perso lo smalto, la Juventus ha la Coppa Campioni come obiettivo principale e in campionato non riesce a tenere il passo e la continuità dell'as roma, che così vince il torneo. La Juventus, tuttavia, si toglie la soddisfazione di battere i Campioni d'Italia 4 volte su 4 nell'arco dell'intera stagione: ancora una volta, E' RECORD.

L'as roma-Juve di campionato, in particolare, si conclude con una clamorosa rimonta dei bianconeri in pochi minuti, da 1-0 e scudetto pressoché cucito sulle maglie giallorosse a 1-2, con finale incandescente, cane poliziotto che stranamente sfugge al controllo e morde lo juventino Brio, polemiche per il solito gol con sospetto di fuorigioco. Nasce la faccenda dei "centimetri" e dei regalini dispettosi tra Viola e Boniperti. Naturalmente, passano in cavalleria i robusti "aiutini" di cui l'as roma beneficia a breve termine: gol fantasma negato all'Udinese, rigorino provvidenziale a Firenze, gol annullato ad Altobelli in Inter-as roma. I giallorossi faticano col Catanzaro e il Meraviglioso Popolo, sullo 0-0, si produce in assurdi fischi. Alla fine, bene o male, lo scudetto arriva.
Il 1983/84 dovrà essere l'anno della consacrazione. La finale di Coppa Campioni si giocherà a Roma: un'occasione irripetibile. Il mercato (non) sarà ricordato per la questione Cerezo. I tempi per il tesseramento del brasiliano sono scaduti, ma l'as roma è abile a infilarsi nella ben più complicata questione Zico: il Pelé bianco, all'epoca più popolare dello stesso Maradona, è stato acquistato dall'Udinese, ma fuori tempo massimo, e la compassata Udine reagisce con manifestazioni di piazza: il caso diventa di portata nazionale e lo risolve l'intervento del presidente Pertini, che auspica di vedere i due calciatori nel nostro campionato, togliendo così le castagne dal fuoco alla Federazione.
Il campionato vedrà l'as roma lottare per vincerlo nuovamente, ma proprio la Lazio ferma i giallorossi nel derby di ritorno, bloccandoli sul 2-2 pur giocando buona parte del secondo tempo in 10. Alla fine l'as roma perderà il campionato per 2 soli punti. Il derby d'andata passa alla storia, invece, per un gigantesco striscione esposto dalla Sud, che però si strappa miseramente non appena disteso.

In Coppa Campioni le cose vanno meglio. Eliminato il Goteborg, poi CSKA Sofia, poi Dinamo Berlino. Avversari non proibitivi ma liquidati con facilità. In semifinale c'è il misconosciuto Dundee United, campione di Scozia. 

L'andata, fuori casa, è drammatica, su un terreno ai limiti della praticabilità l'as roma perde per 2-0. Sembra la fine del sogno: al ritorno ci vorrà un miracolo. 

Per la verità, qualcuno fa credere a Dino Viola che basterebbero anche 100 milioni invece di interventi divini, per corrompere l'arbitro designato Vautrot: e il presidente romanista corrisponde la cifra.

Teme che l'as roma possa essere danneggiata, dice: ma allora perché non denuncia subito tutto all'UEFA che lo avrebbe tutelato in ogni caso con la sostituzione della terna arbitrale, a scanso di ogni possibile equivoco?

La partita finisce proprio con quel 3-0 che sarebbe necessario, ma guai a pensare che sia stata meno che regolare: e poi, Dino Viola viene assolto al processo penale. Ci sarebbero quella squalifica e quella pesante multa comminata dall'Uefa, e la "censura morale" della Corte: su questo calerà subito la cappa del silenzio ma quasi 30 anni dopo sarà lo stesso figlio di Dino Viola a confermare che la partita fu comprata (per leggere l'articolo clicca qui).

Così, l'as roma giocherà la finale di Coppa Campioni nel suo stadio. Per i biglietti c'è qualche problema, e i soliti furbi vogliono mangiarci sopra, ai botteghini nascono pesanti tafferugli, ma fa tutto parte del genuino entusiasmo del Meraviglioso Popolo. Entusiasmo che, non bastasse quello popolare, è ben pompato dalla Propaganda, che vede un'as roma fortissima e favorita dal fatto di giocare nel proprio stadio, dimenticando il dovuto rispetto per l'avversario, i banchi di prova non irresistibili finora affrontati e soprattutto l'enorme esperienza internazionale del Liverpool.

E' una sconfitta ai rigori (guarda il video), ma la delusione per chi era stato convinto dalle grancasse di dover affrontare una passeggiata è enorme e indimenticabile, nonostante i 55 secondi da campione d'Europa (clicca qui).

Ma la lezione, come vedremo, non servirà. Una parte del Meraviglioso Popolo dà vita a una caccia all'inglese che un anno dopo, in alcune menti malate, giustificherà una ben più tragica caccia all'italiano.

All'inizio della stagione 1984/85 Dino Viola congeda Liedholm ed ingaggia un altro svedese, molto più giovane. L'approccio del biondo Sven, al suo primo campionato italiano, non è dei migliori e i giallorossi si piazzano solamente al settimo posto, molto distanti dal sorprendente Verona di Osvaldo Bagnoli. Proprio nella gara del Bentegodi persa per 1-0 con goal del danese Elkjaer si apre la saga della "saliva giallorossa", col Brunetto da Nettuno cacciato dall'arbitro Casarin per uno sputo rivolto verso il guardialinee. Però non tutto è negativo, in quanto la bacheca di trigoria vede finalmente un nuovo arrivo internazionale: il prestigioso trofeo Teresa Herrera, vinto in una finale epica sul Vasco Da Gama, nel tradizionale quadrangolare estivo di La Coruna.

Tutt'altra musica si sente durante l'annata 1985/86: grazie ai goals del bomber con i baffi e ad una fantastica rimonta la maggica sogna ancora il tricolore.

Peccato solo per una isolata, disgraziata, sfortunata (...e chiacchierata negli ambienti del totonero) partita di fine aprile, in cui un toscanaccio di nome Eugenio Fascetti (di lì a breve leggenda biancoceleste), guidò i suoi ragazzi già retrocessi ad un clamoroso ed inaspettato successo, consegnando lo scudetto ai nemici della Juventus (guarda il video).

Un titolo al fotofinish (ma vinto moralmente) svanito senza l'apporto divino di Paulo Roberto Falcao, per il quale il Meraviglioso Popolo passa l'estate 1985 con il Corriere dello Sport costantemente sotto braccio, per non perdere nemmeno una puntata della telenovela legale tra il numero 5 di tutti i numeri 5 e il presidente Dino Viola.  L'acciaccato ottavo Re di Roma (che non ebbe il coraggio di calciare il rigore nella finale con il Liverpool) entra in duro contrasto con la maggica, facendo l'impossibile (riuscendoci) per poter tornare in Brasile. Ma guai a parlare male del più grande brasiliano che la storia del calcio mondiale abbia mai visto, anche oggi che sono passati quasi 30 anni...

Lo scudetto portato via dalla matricola Lecce, porta via anche l'as roma dal vertice. Se ne va anche il rivoluzionario Eriksson, che decide di trasferirsi a Firenze, tornando poi a Roma 15 anni più tardi (sulla panchina giusta) trasformandosi da perdente di successo in allenatore vincente e di fama internazionale.

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